Il rimedio della nonna per eccellenza, l’acqua calda, è promosso dalla scienza. Lo dimostra una ricerca dell’University College di Londra, sotto la guida di Brian King, che confronta l’effetto di farmaci antidolorifici con quello dello della borsa dell’acqua calda. Lo studio dimostra che il calore (almeno 40°), agisce proprio come un farmaco a livello delle molecole, disattivando i messaggi di dolore inviati dall’organismo al cervello. Più nel dettaglio, le proteine del recettore del calore di una cellula bloccano quelle del recettore del dolore, che di conseguenza si “perde”. Ovviamente, da questo a decretare che basta la borsa dell’acqua calda per combattere i dolori, ce ne corre. Però è certo che il calore può costituire un utile aiuto nella lotta al male, anche in supporto ad analgesici e antispastici. Attenzione poi a non ricorrere al calore come a una soluzione passepartout. Per alcuni dolori – come per quelli conseguenti a un trauma, quindi con possibile edema ed ecchimosi – il calore avrebbe un effetto decisamente controproducente, aumentando l’entità di queste manifestazioni.
Quando la borsa dell’acqua calda fa bene
Sì invece alla borsa dell’acqua calda per alleviare i dolori causati da contratture, come il mal di schiena, in cui il muscolo ha bisogno di decontrarsi, o i crampi, i dolori mestruali, il dolore addominale e le coliche renali. In linea di massima, può essere utile ricordare il principio generale del contrasto tra le temperature. In pratica, se nella parte interessata dal dolore la temperatura è alta, come nel caso di ematoma, la situazione migliora raffreddando. Se, invece, non c’è riscaldamento, allora si consiglia una terapia con il calore. È proprio il contrasto tra le due temperature ad agire da antidolorifico.